Funnel: i 4 modelli +1 (il funnel perfetto)
Nel precedente articolo abbiamo visto come dal classico modello AIDA si sia evoluto il percorso d'acquisto del cliente.
Abbiamo quindi analizzato le 5A tipiche di un percorso d'acquisto: Aware, Appeal, Ask, Act, Advocate.
Sulla base di questi cinque passi, vengono definiti quattro archetipi di settore, più un quinto che rispecchia l’archetipo del brand perfetto, quindi il funnel perfetto.
Il pomello: il funnel per GDO e largo consumo
Questa è la tipologia maggiormente diffusa nel settore dei beni a largo consumo dove i clienti non si focalizzano molto sulla valutazione delle alternative.
I prezzi sono bassi e gli acquisti sono frequenti e abituali. I clienti quindi, sebbene possano nutrire aspettative specifiche inizialmente dovute da una forte comunicazione da parte del brand, non nutrono una forte fidelizzazione e si lasciano ammaliare da un’offerta con un costo minore in fase di acquisto.
Per questo motivo si riscontra un repentino cambio di marca da parte del consumatore e una scarsa propensione verso l’ultima fase, l’advocate.
Il pesce: il funnel per B2B e viaggi
La caratteristica principale di questo modello, tipico del mercato b2b, riguarda la fase di ricerca e approfondimento. In questa fase infatti vengono coinvolti numerosi stakeholder e di solito si protrae molto nel tempo.
In questo modello il cliente instaura un rapporto di pre-acquisto con diversi brand, al fine di valutare la proposta migliore. Ecco perché è tipico delle logiche business to business.
Nel mercato destinato ai consumatori finali troviamo invece il settore dei viaggi, nel quale vi è un lungo processo di decisionale che coinvolge tutta la famiglia oppure tutto il gruppo di amici.
La tromba: il funnel del lusso
Questo modello è tipico dei beni di lusso, ambiti da molti ma acquistati da pochi, per via dell’elevato prezzo di acquisto. I brand di questo settore godono di una forte reputazione costruita nel tempo e le loro strategie puntano nel coltivare tale reputazione e nell'alimentare il passaparola.
La caratteristica principale di questo modello è proprio il fatto che vi siano molte più persone disposte a consigliare il brand di quelle che effettivamente acquistano i suoi prodotti. Ciò è dovuto dal fatto che si tratta di veri e propri oggetti del desiderio che non tutti possono permettersi.
Questo modello è tipico anche di una particolare tipologia di beni di largo consumo: i farmaci da banco. Le persone sono infatti molto propense nel consigliare una certa tipologia di farmaco, sulla base della sua reputazione, pur non avendolo provato perché non necessario. In questo caso la questione non è il prezzo elevato, bensì la necessità di utilizzare o meno il determinato farmaco.
L’imbuto: il funnel più conosciuto
Questo è il tradizionale modello che tutti associamo al funnel. È l’unico modello dove il cliente attraversa tutte le fasi, dalla prima all’ultima e in ogni fase vi è una naturale selezione degli acquirenti maggiormente fidelizzati.
Per le aziende è molto importante arrivare a questo modello di percorso d’acquisto perché permette ai loro clienti di fare esperienza in ogni fase. Il posizionamento del brand deve quindi focalizzarsi sull'esperienza d’acquisto e d’uso del prodotto, per far sì che i clienti poi siano i loro ambassador.
Il papillon: il modello perfetto
Il modello del paillon è il modello ideale del brand perfetto che esalta i punti di forza e azzera i punti di debolezza degli altri modelli. Si tratta quindi di un modello al quale tutti i brand aspirano attraverso tecniche e strategie differenti, a seconda del modello di partenza.
In un’ottica di modello a papillon, chiunque conosca il brand lo consiglia, grazie alla sua ottima reputazione (aware = advocate). Inoltre, tale brand gode di un alto livello di attrattività per cui chiunque si sente attratto dal brand, lo acquista (appeal = act). Solo una piccola parte dei potenziali acquirenti di ferma a ricercare informazioni.
I limiti del funnel
Sebbene siano stati delineati questi differenti archetipi riguardo al viaggio del cliente, nelle aziende e nel mondo del marketing il cosiddetto Customer Journey viene considerato sempre e solo come un funnel: il classico imbuto.
È un modello che funziona e che accompagna tuttora interi uffici marketing e vendite nel raggiungimento dell’obiettivo principe: raccogliere clienti.
Anche se molto utilizzato, questo modello presenta diversi limiti. Uno di questi è l’inesorabile quantità di energia e di contenuti necessari per attirare sempre più persone all’interno dello stesso. Il tasso di abbandono è molto alto, per cui c’è bisogno di un continuo flusso di nuovi potenziali clienti in entrata.
In molti utilizzano tecniche di Marketing Automation per “ripescare” coloro che escono dal funnel per distrazione, come workflow di e-mail oppure campagne PPC di remarketing. Queste pratiche, tuttavia, poiché facilmente riconoscibili, sono riconosciute come “automatiche” e, dunque, perdono di efficacia.
Un altro forte limite è il rimbalzo continuo dei contatti tra il marketing e le vendite. I contatti che il marketing reputa “caldi” per una visita commerciale, il commerciale li vede ancora troppo “freddi”.
Se aggiungiamo il fatto che marketing e vendite creano le loro strategie senza tener conto del lavoro l’uno dell’altro, si crea una notevole confusione in termini di comunicazione al cliente e di gestione delle opportunità di vendita.
Come superare i limiti del funnel?
I limiti del funnel che abbiamo appena visto sono tra i primi sprechi che si verificano nel marketing.
Per questo motivo consideriamo la logica del funnel molto lontana dalle logiche del Lean Marketing.
In primo luogo vi è la necessità di collegare e coordinare le azioni di marketing con le strategie commerciali e di vedere il cliente come il fulcro delle attività aziendali, non il fine.
Nel prossimo articolo vedremo appunto questo aspetto, fondamentale per ogni azienda che voglia davvero ottenere maggiori clienti, felici di acquistare e consigliare i prodotti o servizi!
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